CULTURA: L’INFRASTRUTTURA PIù POTENTE.

GHNET GENNAIO 2011

L’intervento di Stefano Ceci durante la giornata Cultura. Orgoglio Italiano, evento organizzato da Italia Futura, tenutosi il 23 giugno 2011 a Roma presso il Teatro Argentina.

 

 

La cultura non è un’industria, ma la più potente delle infrastrutture italiane“.

L’intervento di Stefano Ceci durante la giornata Cultura. Orgoglio Italiano, evento organizzato da Italia Futura, tenutosi il 23 giugno 2011 a Roma presso il Teatro Argentina. Il presidente del gruppo GH parla del rapporto tra turismo e cultura, dell’indispensabile presenza e competitività delle piccole e medie imprese online, in una net economy che rispecchi il modello dell’unica nuova possibile economia italiana: “un’economia delle relazioni, che produce esperienza, significati, che genera valore e ricchezza; un filato, una nuova tessitura che mette in rete luoghi, territori e imprese.”

Trascrizione dell’intervento

La scorsa settimana il Presidente della Repubblica ci ha consegnato il premio Nazionale per l’Innovazione al Turismo, perchè abbiamo ideato e sviluppato un software (www.freshcreator.it) semplice e molto economico che consente a tutte le imprese di andare online e lavorare con internet. Abbiamo l’idea e il sogno di poter dare a tutti gli imprenditori italiani uno strumento contemporaneo per fare impresa, per essere più forti e lavorare in modo più competitivo. Perchè oggi essere piccoli non può voler dire essere locali, o addirittura essere marginali. Usare internet (e parto da qui per parlare del rapporto tra turismo e cultura) non può essere un lusso.

Già il 2% del PIL italiano è generato nella net economy, circa 30 miliardi. Oggi, durante queste 3 ore di convegno, si effettueranno 3.600 acquisti online in Italia. Se le piccole e medie imprese sono il 99% delle aziende italiane, producono il 70% di fatturato e danno da lavorare all’80% delle persone, bè, solo il 40% ha un sito internet. Il 60% delle piccole e medie imprese italiane, sono fuori da internet, e quindi sono fuori dal mondo: dai sistemi di comunicazione, di promozione, di commercializzazione e di vendita.

L’80% del turismo nel mondo è online, essere fuori dal web significa non poter competere. Abbiamo dunque iniziato dalle imprese turistiche. Da dove se non dalla nostra esperienza? Siamo nel turismo da 13 anni, e in Italia ci sono 150.000 piccole e medie imprese che devono riuscire a competere.

Ho detto del nostro impegno, ora dico della nostra idea, perchè abbiamo un’idea di come dovrebbe essere il turismo nel nostro paese.

La cultura non è un’industria, ma la più potente delle infrastrutture italiane. La cultura in Italia, i suoi luoghi, i suoi musei, le bellezze naturali e paesaggistiche, i monumenti, sono i principali generatori della nostra economia, producono valore diretto e, come ben sanno molti imprenditori italiani, aggiungono valore ai nostri prodotti. La cultura è la parte decisiva di un sistema, prima ancora che economico, di significati e di valori.

Ci si mangia con la cultura? Rispondo così alla polemica che c’è stata. Certo, ci si mangia: ma non abbastanza. Possiamo fare di più. Non c’è rete. C’è poca connessione tra gli attori, tra gli agenti di questa economia basata sulla cultura. Il nostro patrimonio di luoghi, di storie, di persone, non è sufficientemente fruibile e raggiungibile; non è gestito per accogliere con cura un viaggiatore e soddisfare pienamente la sua ricerca di esperienza e di relazione. Insomma, non è organizzato per essere davvero ospitale, attraente almeno quanto potrebbe esserlo.

Io ho già scritto su Pompei quello che pensavo, sulle pagine di Italia Futura, ma lo voglio ribadire con forza: penso che possiamo fare di più che essere mecenati. Certo, il gesto di Diego Della Valle è di enorme forza simbolica per chi ha 40 anni come me e anche per chi è giovane, all’inizio e ci sta provando. Quel che si sta per fare al Colosseo è per noi tutti un gesto di grande significato.

Ora, noi possiamo dimostrare come si fa a rendere efficiente ed economica la gestione dei beni culturali italiani. Possiamo ad esempio gestire Pompei con una squadra di giovani, purchè lo Stato, la politica, gli enti pubblici ci diano un segnale. Bisognerebbe cominciare ad espropriare per decoroAvete presente quando arrivate a Pompei? La questione non riguarda solo il sito archeologico ma ciò che c’è intorno a Pompei. Io sono arrabbiato, molto arrabbiato, perchè quelle bancherelle da accattoni e quella ristorazione schifosa, quella pizza surgelata, è un’offesa alle 150.000 aziende turistiche italiane. Noi dobbiamo poter avere strumenti per risolvere questi problemi: non possiamo continuare a pensare che un sito culturale sia all’interno di un muro, o di mura. Il sito culturale è un sistema che sta in un territorio, in un luogo e che con esso interagisce.

Da dove ri-cominciare? Innanzitutto basta lagnarsi; basta pensare che è colpa di un altro (in Italia siamo in questo dei veri specialisti). Noi dobbiamo fare il nostro dovere senza pretendere nulla (comunque e di certo non la proprietà) perchè come diceva prima Diego Della Valle, è assolutamente giusto e corretto che sia così.

Noi saremo i protagonisti di questa net economy italiana, questo è in altri termini il turismo. Un’economia del movimento e delle relazioni, che produce esperienza, significati, che genera valore e ricchezza. Un’economia nella quale internet è lo strumento per esserci, comunicare, lavorare, promuoversi e vendere.

Noi abbiamo capito che la nostra economia non può che essere tessile: un filato, una nuova tessitura capace di produrre valore; un’economia che mette in rete luoghi, territori, donne, uomini e imprese per la costante ri-generazione e valorizzazione della cultura italiana.

Parafrasando il mio amico Andrea Ruggeri, in questo new deal dell’economia italiana, quella del movimento e delle relazioni che fruisce dell’infrastruttura culturale, non c’è pubblico contro privato: c’è rete, c’è puzzle, c’è dettaglio. C’è finalmente progresso e non più sfruttamento e speculazione. Questo è il filato nuovo che noi possiamo costruire per rilanciare l’economia italiana nei prossimi venti anni. L’infrastruttura culturale italiana è un’opera collettiva che necessità del contributo di ogni cittadino, di educazione e rispetto per l’ambiente e l’ospite, di luoghi fruibili e ammirabili, di trasporti integrati e efficienti, di qualità dell’accoglienza.

Cosa fare? Possiamo iniziare intanto a sprecare di meno, tempo e denaro. Possiamo iniziare da una governance capace. Che il prossimo governo, chiunque vinca, accorpi le Infrastrutture, i Trasporti, la Cultura ed il Turismo in un unico Ministero per la valorizzazione dei beni comuni, di tutti. I nostri. Una governance non per comandare ma per tessere.

Il Presidente Montezemolo lo sa bene: noi possiamo e vogliamo contribuire ad una nuova opera civica italiana. Al ghe pensi mi possiamo sostituire il facciamo noi. Noi sappiamo fare la nostra parte, noi possiamo insieme concorrere a realizzare qualcosa di realmente innovativo e significativo per l’Italia.